Da Cremona a Chieti in Breccia (e ritorno) #BrecciaInItalia

RACCONTI DI VIAGGIO IN SELLA AD UNA BRECCIA
Da Cremona a Chieti in Breccia (e ritorno) #BrecciaInItalia
Dalla provincia lombarda di Cremona, fino alla provincia di Chieti in Abruzzo (e ritorno) in sella ad una Breccia tricolore

Un giro per l’Italia in sella alla nostra amata Breccia?

Ecco un meraviglioso racconto del nostro amico Antonino che ha vissuto una vera esperienza di libertà, attraversando insella le bellezze del nostro Paese nel caldo mese di agosto.

Buona lettura.

Io sono Antonino e questo è il mio primo vero “cicloviaggio”.

L’idea di fare un bel viaggio in bici c’era da tempo. Un giro ad anello, con partenza da casa e ritorno a casa in bici in Italia, il mio Paese. Per molti il Paese più bello al mondo.

Ora che ho una Breccia, posso finalmente farlo in completa libertà.

Iniziamo.

#BrecciaInItalia Giorno 1

Partenza da casa in ritardo. Quasi le 8 di mattina.

Dopo Lodi prendo la Via Francigena lungo l’argine del Po fino a Piacenza. Poi Fiorenzuola d’Arda, Fidenza e Fornovo di Taro. Si intravedono gli Appennini.

La nota positiva è che gli oltre 30 gradi sono attenuati da un bel venticello.
La nota meno positiva è che il vento è spesso contro e si fa più fatica del dovuto anche in pianura.

La cosa bella è che il 15 di agosto non c’è quasi nessuno per strada.
La cosa meno bella è che la maggior parte dei posti sono chiusi. Quelli aperti sono pieni e quindi a pranzo birra Messina con panino coppa e formaggio in un bar, mentre a cena una bella Menabrea bionda e un pacchetto di cracker portato da casa.

Ci si rifarà più avanti.

Dalla finestra della camera, che dà sui boschi prima della Cisa, poche macchine che passano, ma molti versi di animali a me sconosciuti.

#BrecciaInItalia Giorno 2

Partenza subito in salita seguendo sempre la Via Francigena che mi obbliga a fermarmi non tanto per le gambe, ma per il cuore che pulsava a 200 battiti credo.

Dopodiché tutto nella norma e salite ce ne sono state.
Dopo Berceto si sale al Passo della Cisa senza particolari problemi.

Peccato aver trovato chiuso, spero non definitivamente, l’ostello della Cisa: una casa cantoniera riconvertita dove mi ero fermato più di una volta in passato, anche a dormire. I gestori erano davvero squisiti.

Salendo al Passo spesso le moto mi fanno il pelo in curva manco fossero a Laguna Seca.

Nell’altra corsia una Ferrari che fa su e giù dal Passo almeno due volte tagliando ogni volta le curve cieche manco fosse a Montecarlo.

Queste cose mi fanno venire in mente una bella variante subito dopo il Passo e appena inizia la discesa prendo a sinistra per Gravagna seguendo l’indicazione per la Via Francigena del Sud.

Una bella discesa dove non passa nessuno, immersa praticamente tutta nel bosco. Solo un po’ di attenzione visto che il fondo stradale non è dei migliori.

Giunto a Pontremoli è ora di pranzo e sale la voglia di Testaroli, piatto tipico che conosco molto bene e, visto il quasi digiuno di ieri, la assecondo.

Da Pontremoli fino ad Aulla.

Qua ci sono due alternative che valuto fermandomi ad una pasticceria proprio sul bivio per le due varianti.

Statale 62 sotto il sole a 33 gradi con corsie ristrette, auto e camion a non finire, risparmiando però una decina di km e un bel po’di dislivello.

Oppure salita a Ponzanello che su tutte le guide e relazioni di chi l’ha già percorsa la danno come abbastanza dura in alcuni tratti ma molto in ombra.

La granita alla menta mi fa scegliere per la seconda, che già volevo fare ma mi ero detto di decidere in prossimità del bivio, in base a tempo trascorso ed eventuale stanchezza.

Salita compiuta, a fatica, ma compiuta, dopo quasi 100 km e una Cisa sulle gambe.

Alla fine della salita si vede il mare da quasi 500 mt di altitudine.

Una cosa bellissima.

Da Sarzana a Massa è una cronometro.

Devo arrivare entro le 19.00 all’ostello, termine massimo per il check-in.

La fretta mi fa prendere una strada sbagliata sul lungomare che mi fa finire e arenare in spiaggia.

Bici a mano riprendo la strada e dopo almeno 20 semafori rossi arrivo alle 19.15.

Appena in tempo.

Stavano chiudendo la porta proprio mentre sono arrivato.

Dai poco più di 1000 mt di altitudine della Cisa, al livello del mare.

Mi tratto bene a cena con spaghetti alla chitarra con polpo.

Domani è un altro giorno.

#BrecciaInItalia Giorno 3

Partenza col brivido.

La bici è legata, come ogni volta la sera.

Non trovo le chiavi per sbloccarla e quelle di scorta le ho lasciate a casa.

Trovate subito ma che brivido!

Da Massa mi dirigo verso l’entroterra facendo prima tutto il lungomare fino a Forte dei Marmi.

Da qui taglio per Pietrasanta che merita una visita, soprattutto in piazza Duomo.

Subito dopo è il turno di Camaiore e da qui una bella salita fino a Montemagno con un bel po’ di tornanti.

Qualche errore nella traccia salvata ma arrivo lo stesso alla splendida Lucca, città mai vista prima.

Una città a misura d’uomo, soprattutto la piazza dell’anfiteatro dove ne approfitto per pranzare.

Che bello perdersi volutamente tra i mille vicoli.

Finito di perdermi si riparte, anche perché il cielo non promette nulla di buono ma si alza un bel vento fresco. Fortunatamente niente acqua.

Lungo il percorso incrocio parecchi pellegrini a piedi che percorrono ovviamente la Via Francigena che spesso qui interseca quella ciclabile.

I ricordi vanno a qualche anno fa quando la percorsi, a piedi, da San Gimignano a Roma.

Tra Lucca e Altopascio incrocio il primo cicloviaggiatore, Massimiliano, con cui scambio quattro parole e qualche kilometro passando Altopascio fino a San Miniato.

Lui ha un negozio di bici a Varese col padre ed è diretto a Roma.

Viaggia con la tenda ma per questa notte vorrebbe dormire su un letto ma ha il telefono quasi scarico che usa anche da navigatore.

Lo aiuto a sentire qualche posto compreso il mio ostello a Castelfiorentino, destinazione di oggi.

Ma sono pieni.

A San Miniato ne approfittiamo per una sosta e qui finalmente trova un affittacamere.

Ci salutiamo e corro fino a Castelfiorentino dove ho appuntamento con Eugenio Simoncini, il telaista artigiano della Breccia che non potevo non passare a trovare.

In bici pure lui mi porta prima a vedere la sua officina, poi a cenare con una fiorentina come si deve e infine a visitare il suo museo in centro.

Un vero onore vedere e capire come nasce un telaio dalla passione di un artigiano.

#BrecciaInItalia Giorno 4

Si parte subito in salita verso Gambassi Terme.

Da qui in poi raggiungere ogni paese o città sarà così perché li costruivano tutti in cima alle colline.

A Gambassi Terme, in piazza, fermo per la colazione ed incrocio un ragazzo più giovane sempre in bici.

Si è fatto lasciare dai genitori, di ritorno dalle vacanze in Puglia, a Chiusi.

Da lì ritorna a casa in Liguria alle 5 terre pedalando.

Mitico.

Il meteo dava possibile pioggia debole in zona da Mezzogiorno.

Alle 10.30 diluvio.

E non c’è un riparo neanche a pagarlo.

Solo salite e discese.

Finalmente un ristorante con un gazebo esterno mi permette di mettere qualcosa per la pioggia, anche se l’acqua l’ho già presa.

Ancora salite e discese sotto l’acqua fino a San Gimignano dove il temporale aumenta di potenza.

Mi rifugio sotto un androne ad arco e aspetto che smetta o diminuisca.

Esce addirittura il sole e allora ne approfitto per legare la bici fuori dalle mura del centro, appendere i vestiti bagnati, e girare un po’ per il centro in cerca di cibo.

Nonostante il meteo il centro è invasato di gente e auto.

Dopo un’ora, una parte di vestiti è ancora umida. Ma piuttosto che niente meglio piuttosto.

Alla ripartenza il cielo si riannuvola, ma stavolta è una finta.

Da Poggibonsi a Monteriggioni il percorso è spettacolare. Ovviamente salite e discese, la maggior parte sterrate.

Da Monteriggioni a Siena ancora qualche salita e si finisce in Piazza del Campo.

Da qui a Monteroni d’Arbia ancora qualche bel tratto di sterrato.

Le cose iniziano a farsi interessanti.

#BrecciaInItalia Giorno 5

Da Monteroni d’Arbia a Buonconvento è quasi tutto in piano su una bella strada bianca e un tratto su asfalto. Ci sono meno di 20 gradi e in men che non si dica arrivo a Buonconvento per la seconda colazione.

A un cartello viene indicato il percorso permanente dell’Eroica.

La mia traccia dice di andare dall’altra parte. Ma perché ignorarlo?

Seguendo il cartello iniziano salite e discese su sterrato che fanno capire il significato del nome del percorso.

La ruota posteriore spesso slitta in salita.

Su una di queste mi devo per forza fermare ma riesco, non so in che modo, a rimettermi in sella.

Ogni minuto la temperatura sale e siamo già oltre i 30 gradi.

Ma il paesaggio circostante è da cartolina e mentalmente attutisce la fatica.

Ad un certo punto un boato enorme.

Sembra un colpo di cannone.

Mi fermo, …ma nulla.

Proseguo.

La salita su asfalto per arrivare a San Quirico d’Orcia è ripagata dalla bellezza del borgo.

Qui ne approfitto per una pausa al birrificio San Quirico per ricaricare la batteria del motore.

La discesa è su sterrato e non voglio sapere la pendenza ma un cartello beffardo me lo fa presente.

Cado subito.

Senza conseguenze.

Destinazione Radicofani. Salita memorabile fatta a piedi anni fa.

Pendenze non esagerate ma totalmente sotto il sole e con il fondo stradale in alcuni punti non bellissimo.

Sembra non terminare mai. Caldo a non finire.

Molti più pellegrini a piedi incrociati.

Buona notizia per la Francigena.

Finalmente Radicofani.

Ennesimo borgo stupendo, forse meno noto.

Ci sono meno turisti rispetto ad altri.

Meglio così.

Pausa gelato d’obbligo e un commerciante parla con degli abitanti dei fantomatici colpi di cannone sentiti durante la giornata.

Quelli che ho sentito anche io.

Scopro che sono usati dalle aziende agricole per tenere lontani cinghiali e volpi.

Altra super discesa, stavolta su asfalto, e qui il panorama regala scorci sul Monte Amiata e sempre sulle colline della Val d’Orcia.

Pedalare e camminare in questi luoghi è emozionante.

Passato Radicofani si varca il confine per il Lazio e con un’ultima ulteriore salita giungo ad Acquapendente

#BrecciaInItalia Giorno 6

Partenza da Acquapendente sempre lungo la Via Francigena puntando il Lago di Bolsena attraverso campi di girasole.

Poco dopo la partenza abbandono il tracciato ufficiale della Francigena per fare il giro del lago in senso antiorario, passando il borgo di Grotte di Castro dopo pochi km.

Lungo gli sterrati sul livello del lago, alternati a brevi tratti su asfalto si passano Capodimonte, che merita assolutamente una visita fino al centro storico, situato in cima ovviamente, e Marta, fino ad arrivare in salita al belvedere di Montefiascone.

Una vista superba sul lago di chiara origine vulcanica.

Lungo il percorso la tentazione di un bagno nel lago mi assale ma non cedo.

Discesa veloce verso Bagnoregio e qui succede che il percorso passa da piccola strada secondaria fuori dal traffico, a sentiero in pietrisco che mi obbliga a stare sul lato in terra battuta, fino a diventare impraticabile anche percorrendolo a piedi.

Secondo una mappa, che ho sul telefono, in meno di 2 km dovrebbe sbucare su una strada.

Quindi vado avanti bici a mano anziché tornare indietro e allungare ulteriormente.

Arbusti, rami, spine, rovi e insetti mi tengono compagnia per tutti i 2 km finché finalmente sbuco su quella strada.

Dieci minuti per rimuovere qualsiasi tipo di arbusto, ramo, spina, rovo e insetto dai vestiti e sulla mia Breccia.

Ci sono 36 gradi centigradi.

Pieno di segni e graffi continuo fino a Bagnoregio e al belvedere sulla Civita.

Questo posto è veramente allucinante da guardare da lontano.

Sembra sospeso nel vuoto.

Questo mi basta perché troppa gente e l’impossibilità di passare in bici non mi attivano la volontà di entrare a Civita lungo il famoso ponte.

Da Bagnoregio si entra in Umbria verso Orvieto, meta di giornata, affrontando tratti di salita e discesa attraverso i campi della Tuscia.

Orvieto e il suo Duomo sono già visibili qualche km prima lungo la strada.

Spettacolare.

La fucilata in salita in pavé per arrivare in Duomo merita una ricompensa.

Cena con un amico, di passaggio in vacanza, con punta di filetto al pepe verde con rosso di Montalcino anno 2017.

Un toccasana.

#BrecciaInItalia Giorno 7

Lasciata la splendida Orvieto punto verso il lago di Corbara lungo una bella strada secondaria.

Qui a causa della chiusura di un ponte sul lago avevo modificato il percorso deviandolo verso sud e dopo poco tempo inizio una salita di circa 10 km, su strada a scarso traffico.

Definire panoramica questa strada sarebbe riduttivo.

Tutto intorno sono circondato dalle colline umbre e immerso quasi sempre nel verde degli alberi a lato della strada.

La salita termina al bel paesino di Guardea.

Squilla il telefono.

È il campeggio di Piediluco dove avevo prenotato una roulotte per la notte.

Non è più disponibile a casa di un problema.

Panico.

Il gestore però mi propone una camera di un hotel a 3 stelle sempre in zona e si fa carico della differenza di prezzo.

Ovviamente accetto senza pensarci.

Ripartito da Guardea inizia una bella discesa e subito dopo una curva sento un forte colpo al casco.

Proseguendo come nulla fosse mi giro e sulla strada c’è un ramo grosso quanto me.

Mi è praticamente caduto in testa un albero!

Di fianco a bordo strada vedo una persona intenta al taglio, per nulla segnalato, e non so quanto a norma.

Ma puoi?!

Fosse passata un’auto?

Fosse caduto davanti a me e ci fossi passato sopra in discesa?

Evito di tornare indietro su una statale in salita e contromano per dare ciò che si meriterebbe a quella persona.

Insulti a volontà.

Passato lo spavento continuo fino ad attraversare Amelia, un bel borgo arroccato e circondato da mura.

All’altezza di Nera Montoro mi immetto nella Green Way del fiume Nera che porta fino a Narni lungo le gole del fiume.

Temperatura 37 gradi nel frattempo.

Per arrivare a Narni, che tra l’altro è il centro geografico d’Italia, percorro una serie di tornanti, inutile dirlo, in salita.

Ma il borgo merita una visita essendo tutto ancora molto antico e medievale.

Anche in discesa l’aria è torrida e alla fine di essa si apre una piccola pianura circondata in ogni lato dalle montagne umbre.

Un bel colpo d’occhio e tramite strade “basse” lambisco Terni.

Salgo ulteriormente in direzione Marmore e relative cascate.

Mancano 3 km e il termometro segna 38 gradi.

L’acqua nelle borracce è buona per buttarci la pasta.

La pelle si sta quasi arrostendo.

Sul percorso una rivendita di frutta a bordo strada.

Mi fermo per capire se sia un miraggio o realtà.

Tutto vero!

Compro una banana, due pesche, un grappolo d’uva, una prugna e una bottiglia d’acqua da 1,5 litri.

Mangio tutto tranne la banana e una parte di uva.

Riparto e arrivo alle cascate delle Marmore dove provo a verificare la fattibilità di una visita perché si paga il biglietto per l’ingresso al belvedere.

Troppa gente e allora banana e ciò che è rimasto dell’uva e via verso il lago di Piediluco.

Arrivo in hotel e la prima cosa che faccio è prenotare il ristorante.

Cena con insalata tiepida di germano reale e scaglie di tartufo.

Tagliolini di verdure estive al limone.

Ci voleva.

Domani si vola a L’Aquila!

#BrecciaInItalia Giorno 8

Partenza da Piediluco con 17 gradi.

Quasi non ci credo.

Colazione in riva al lago.

Questo posto emana tranquillità da tutte le parti.

Il silenzio è assordante.

Dopo una discesa, una breve salita mi porta a Colli Sul Velino.

Da qui si entra nella riserva naturale dei laghi Lungo e Ripasottile.

Un ambiente fantastico e complice la mancanza di pendenza procedo spedito su uno splendido sterrato.

Ma intorno il paesaggio è troppo bello e spesso mi fermo a sentire il silenzio e scattare qualche foto.

A volte il silenzio è interrotto da qualche trattore al lavoro. Ma fa parte del tutto.

Senza quasi accorgermi rientro ancora nel Lazio e arrivo a Rieti lungo una pressoché perfetta ciclabile lungo il fiume Velino.

Sbuco proprio sui resti del ponte romano.

Ho un Dejà vu.

È il punto esatto in cui qualche anno fa, quando feci una parte del Cammino di San Benedetto a piedi, salutai Elodie, una pellegrina francese conosciuta lungo il cammino.

Lì le nostre strade si erano divise causa mete diverse.

Seguendo ancora il fiume esco dalla città seguendo le prime indicazioni per L’Aquila.

Con qualche leggera salita raggiungo il borgo di Antrodoco dove mi fermo per il pranzo.

La temperatura è oltre i 35 gradi e da qui inizierà una salita un poco più impegnativa.

Si riparte in salita costante ma i gradi ora sono 39 che la rendono piuttosto pesante.

Sono passato dai 17 gradi di stamattina ai 39 di adesso. Perlomeno, essendo ancora ora di pranzo, per strada ci sono pochissime auto.

Una donna in bici da corsa mi supera salutandomi e si ferma a una fontana poco dopo.

Mi fermo anche io.

Poco dopo arriva un suo amico che irride con l’espressione “che hai preso un riccio e tutta la famigliola?” con la tipica cadenza abruzzese.

Sono proprio dell’Aquila, mia prossima destinazione.

Arriva anche un altro loro socio.

Non appena gli dico da dove e come arrivo mi rispondono con un’espressione non riportabile.

Ma semplicemente perché in una lingua antica e sconosciuta.

Mi spiegano che manca ancora qualche Km un po’ duro, soprattutto per il caldo.

Poi non appena arriva un viale alberato da lì si entra in Abruzzo e poco dopo inizia una lunga discesa.

Ci salutiamo e loro ripartono.

Io poco dopo.

Il viale alberato arriva e finalmente anche il cartello di confine “Abruzzo”.

Il paesaggio cambia totalmente e, complice la discesa, la temperatura si abbassa.

Intravedo il famoso skyline dell’Aquila con le sue gru che da più di un decennio sono diventati un bruttissimo simbolo.

Per strade secondarie e qualche sterrato entro in città.

Una città bella, ricca di locali, ristoranti e negozi.

C’è anche molta gente in giro che la sera aumenta considerevolmente.

Questo è in contrasto con i numerosi cantieri e la quasi totalità degli edifici puntellati o con ponteggi, fin dal 2009.

Ma c’è veramente tanta gente in giro.

Un buon segno forse.

Per la cena decido di stare leggero in previsione della tappa di domani.

Friselle con tonno e cipolle in agrodolce.

Panino con pesce spada affumicato, pomodori gialli, ricotta salata, cicoria e senape.

Accompagnati da una Pils e una Blanche del birrificio Mezzo Passo.

Buonanotte.

#BrecciaIntalia Giorno 9

Partenza dall’Aquila In discesa lungo la statale deserta perché mattino presto.

A Paganica inizia una leggera salita che aumenta passato Assergi. Ogni km ci si alza di altitudine e si abbassa la temperatura: 11 gradi, ma in salita vanno più che bene.

Dalla città il paesaggio muta drasticamente.

La strada è immersa nel verde dei boschi di conifere.

Arrivato a Fonte Cerreto qui ci sono gli impianti di risalita che portano a Campo Imperatore.

Qui arriva molta gente con le bici in auto per partire proprio da qui.

Mi salutano e guardano un po’ stralunati.

Capisco che sono una squadra.

Abbigliamento uguale a parte, in molti dicono “dobbiamo aspettare il capitano”.

Mi fermo un attimo a sgranocchiare qualcosa prima di ripartire.

Poco dopo mi affianca un’auto di ragazzi che mi chiede indicazioni per un rifugio di cui non ricordo il nome.

Non posso aiutarli ovviamente.

La salita prosegue lentamente.

Vado al mio passo. Quindi piano.

Ma senza troppa fatica.

La temperatura si è alzata ma siamo sempre intorno ai 29 gradi e fino ad ora è piuttosto ombreggiato.

Iniziano dei tornanti e vengo continuamente superato da auto, camper e moto.

Me lo avevano detto che ancor di più quest’anno queste zone sarebbero state piene di gente.

Sono a 1800 metri e da qui l’ambiente circostante inizia ad aprirsi con i versanti delle montagne aridi e con poca vegetazione.

Faccio una curva e una mandria di mucche e vitelli bruca allegramente a bordo strada.

Senza recinzione.

Un vitellino mi fissa.

Fa per venirmi incontro ma poi si accorge che sull’asfalto non c’è erba da mangiare e desiste.

La giornata è splendida.

Non c’è neanche una nuvola in cielo.

C’è una lieve brezza.

Su un paio di tornanti, approfitto dell’assenza di mezzi a motore e mi fermo non per la stanchezza ma per ammirare lo splendore tutto intorno e ad ascoltare il vento.

Arrivo a un bivio.

Ci sono i baracchini che già cuociono arrosticini e sono le 10.30.

Ovviamente prendo la strada per Campo Imperatore.

I fatidici 7 km per arrivare all’osservatorio.

Mi ero prefissato di salirci entro mezzogiorno.

Poco dopo una mandria di cavalli ostruisce la strada obbligando anche le auto a fermarsi.

Slalom tra i cavalli e via.

La salita parte costante.

Qualche piccolo strappo, poi eccolo lì in alto, l’osservatorio.

Così vicino ma così lontano.

Gli ultimi 2 km.

I più duri.

Arrivo! Ce l’ho fatta: 2100 metri e 26 gradi.

Ore 11.35.

Prima delle mie aspettative.

Ovviamente mi fermo e… mi accorgo di avere solo 7 euro.

Volevo mangiare.

Ma 5 servono per una birra reintegrativa.

Niente pranzo.

Stendo la maglia ad asciugare al sole.

Un anziano signore fissa la bici: “Ha il telaio come la mia vecchia bici però con i freni a disco”.

Poi arriva tutta la famiglia.

Quattro chiacchiere piacevoli.

“Da dove arrivi?”

Dalla provincia di Cremona in Lombardia.”

“Va beh ma sei venuto in macchina fino a qua?”

“No, sono nove giorni che sono in giro”

Altra esclamazione in lingua antica.

Riparto.

Discesa trascendentale.

In salita facevo meno caso al contesto. Ora lo sguardo si perde nell’infinito della piana.

Puntini bianchi lontani.

Sono pecore.

Due cani pastore attraversano la strada.

Un altro pianeta.

A un bivio prendo per Castel del Monte. La strada è forse ancora più bella.

Anzi, senza forse.

Qualche nuvola bianca sopra le montagne abbellisce ulteriormente il quadro.

Tutta discesa.

Poi un piccolo tornante in leggera salita.

Nebbia. Non naturale.

Sono le migliaia di arrosticini che stanno grigliando.

Qui è famoso il fatto che si comprino crudi e te li cuocia tu.

Faccio una stima di quante persone ci possano essere guardando le auto, le moto e i camper parcheggiati.

Secondo me ci sono 10.000 persone e sto basso.

Scappo.

Ancora qualche km in salita.

Si affianca un’auto.

“Scusi signore è ciusto di qua per Roca Calasio?”

Io: “si certo, sempre dritto”.

Arrivo a Castel del Monte e in discesa fino a Calascio.

Per la rocca 3 km. Tutti in salita.

Va beh… tanto ormai…

Mandrie di persone salgono a piedi.

Molte coi pullmini che sfrecciano avanti indietro senza sosta.

La salita termina al Rifugio della Rocca.

Lascio la bici e proseguo a piedi l’ultimo tratto su sentiero.

La rocca è scenografica ma c’è troppa gente per i miei gusti.

Ma è un problema mio.

Discesa rapida fino al borgo di Santo Stefano di Sessanio. Un’autentica perla di bellezza.

Arrivo davanti all’insegna del B&B La Dote.

Squilla il telefono.

È la signora del B&B che mi chiede per che ora potrei arrivare.

“Signora sono appena sceso dalla bici davanti all’insegna”

Scoppia a ridere e mi apre.

È casa sua con alcune stanze adibite a B&B.

Mi offre un bicchiere di Aperol fresco con dentro un rametto di menta.

Un toccasana.

Mi trova un posto per mangiare nonostante avessi cercato a inizio mese ma erano già tutti pieni.

Quest’anno mi dice sono stati invasi da dopo la riapertura covid.

Si offre di lavarmi i panni.

Essendo la camera in casa sua mi lascia le chiavi di casa.

Non ho contanti.

Non ha il POS.

E qui non ci sono banche.

“Va be mi pagherai quando torni a casa”

Un altro universo. Davvero.

Le faccio subito un bonifico via smartphone maggiorato.

Mangio praticamente mezzo menu della Locanda del Lago.

Menzione d’onore per il grana di pecora stagionato nelle grotte di Rocca Calascio.

Top player.

#BrecciaInItalia Giorno 10

Sveglia presto.

Colazione in camera.

Esco: 15 gradi e nuvole che non promettono nulla di buono.

Infatti, le previsioni danno possibili temporali dalle 15 un po’ ovunque.

Finalmente vedo e sento questo posto nella sua vera natura.

Silenzioso e con qualche abitante già fuori, al bar o a pulire fuori casa.

Discendo fino a Calascio.

Stessa storia.

Il caos di ieri un lontano ricordo.

Dopo una curva su uno spiazzo i pullmini per la rocca fermi parcheggiati.

20 km di discesa!

Ho le mani saldate al manubrio.

Anche volendo non riesco a staccarle.

Le dita come se non le avessi.

Bella salita che porta a Capestrano.

Mi guardo indietro.

Spesso lo faccio quando vado a camminare in montagna.

Guardare da dove si è venuti.

La rocca di Calascio lassù.

Sembra lontanissima.

Ma veramente ero lì?

Capestrano è un altro borgo gioiello che non conoscevo.

La salita continua.

Al di sotto vedo l’altopiano di Navelli.

Una piccola pianura lussureggiante, tra le montagne, di campi arati per lo zafferano e mucche al riposo.

Lo attraverso su strade di campagna misto a sterrati bellissimi.

Passo delle vecchie chiesette ancora più belle.

Mi immetto su una provinciale deserta fino a Popoli.

Entro in centro.

Stanno allestendo il mercato.

Seguo la provinciale che costeggia l’autostrada.

Tranne sugli svincoli dell’autostrada è scarsamente trafficata e panoramica.

È in leggera discesa e quindi vado forte.

Sto fuggendo dalle nubi fin da Santo Stefano di Sessanio.

Dai che oggi non la becco.

Una bella salita mi porta a Roccamontepiano.

Ora non sono più tanto sicuro di scamparla.

In alcuni frangenti vado incontro alle nuvole.

E loro vanno più veloci.

A Roccamontepiano scopro le fonti di San Rocco.

Un’acqua che più fresca non si può.

E quando il sole esce dalle nuvole, scalda parecchio.

Faccio il carico nelle borracce.

I cartelli di ogni paese mi informano che sono nel parco nazionale della Majella.

Attraverso frutteti e vigneti.

Mi dimentico di pranzare.

A dir la verità non so neanche che giorno sia.

Non importa. Mancano solo 40 km.

È un susseguirsi di saliscendi.

Discesa, salita.

Discesa, salita.

Non so per quante volte.

32 gradi.

Passo Fara Filiorum Petri di chiara origine Longobarda.

Sento dei cani abbaiare.

Nulla di strano.

Sono cani e quindi abbaiano.

C’è un cancello di una villa aperto.

Escono due cani di media taglia.

Sono loro.

Sono in discesa e decido di accelerare.

Errore.

Mi inseguono abbaiando incazzosi.

Arriva la salita.

È finita ma ho un’illuminazione.

Al mio cane dà un tremendo fastidio il suono del mio campanello sulla bici.

Ci provo.

Al suono i cani si inchiodano e tornano indietro infastiditi.

Grazie Pongo! (il mio cane).

Penso di aver definitivamente scampato il temporale.

Le nubi sono lontane.

Ancora innumerevoli su e giù e finalmente arrivo a Lanciano.

Gran bella città.

Dopo due ore, diluvia per un’ora.

Scampata.

La sera tocca a raffiche, tipica pasta corta, con pomodorini e basilico freschissimi e, finalmente, agli arrosticini.

Domani tocca al mare.

#BrecciaInItalia Giorno 11

Parto in discesa verso il mare.

La traccia mi fa prendere una ripida discesa.

Mi puzza un po’.

Termina in casa di gente.

Senza uscita.

Bisogna tornare indietro, e la ripida discesa diventa ripida salita.

Iniziamo bene.

Oggi in teoria il dislivello doveva essere praticamente nullo rispetto ai giorni scorsi.

Il cambio di strada però mi porta su qualche saliscendi tra vigne e ulivi.

Non tutti i mali vengono per nuocere si dice.

Una piccola rampa in salita e sono nel centro di Rocca San Giovanni.

Ennesimo borgo tra i più belli d’Italia.

Giro in piazza, in qualche vicolo e proseguo verso Fossacesia.

Finisco senza che fosse programmato all’Abbazia di san Giovanni in Venere.

Un autentico gioiello.

Da qui si apre un fantastico belvedere sul mare Adriatico.

Si alza anche il vento.

Altra bella discesa e finisco sulla ciclovia Costa dei Trabocchi.

Ancora cantiere, ma accessibile, e già frequentata sia a piedi che in bicicletta.

Ogni trabocco è una perla.

Connubio perfetto tra ingegno umano e natura.

La Ciclovia è praticamente sul livello del mare.

Bellissima.

Passo qualche breve galleria.

Il vento si fa forte.

Contro o laterale.

A volte sembra che ci sia qualcuno che mi spinga via di lato.

Lo sguardo fisso sulla destra, verso il mare.

Pedalo sospeso nel tempo e nel vento.

L’ultima galleria.

La più lunga.

Non si vede la fine.

Completamente al buio.

Fondo irregolare e ancora in un brutto sterrato.

Un sacco di gente senza luci procede con bici a mano.

Con la mia super luce frontale faccio da faro e la gente dietro me.

Si esce nei pressi di Ortona.

Sempre in sterrato.

Anzi fango, dato che il giorno prima ha piovuto.

Oltrepassato il porto la ciclabile diventa anche colorata.

Verde e blu.

Sempre a pelo del mare.

Ad un certo punto si rompe la magia.

Si interrompe bruscamente.

Oltre ci sono dei blocchi di cemento, ma volendo si passa a piedi.

In senso contrario arriva un signore in MTB non senza qualche difficoltà.

Gli chiedo se prosegue la ciclovia ma mi dice di no.

Anche lui sta tornando indietro.

Oltre si entra in proprietà privata in un campeggio.

Una Ciclovia che se e quando ultimata potrebbe diventare una tra le più belle al mondo.

È lo specchio dell’Italia.

Bella e incompiuta.

Ritorno indietro su indicazione del signore e con qualche ripido tornante salgo sbucando alla Rocca Aragonese di Ortona.

Da qui un breve tratto di statale Adriatica.

Allora mi fermo al primo chiosco per un buonissimo bocconotto all’uva e per riempire le borracce.

Direzione Pescara che raggiungo passando sul futuristico ponte ciclopedonale.

Bello.

Bella anche la pendenza (7-8 %) che lo rende impercorribile da circa l’80 % di chi ci transita.

Molti infatti spingono la bici.

Bravo ingegner Cane.

Dopo Pescara percorro su lungomare tratti di ciclabili e strade secondarie.

Fino a Torre Cerrano.

Qui ci sono anche dei cartelli che indicano la Ciclovia Adriatica.

Passo in mezzo a una pineta.

Il fondo è sabbia con aghi di pino.

Morbido.

Ma si pedala comunque.

Uscito dalla pineta riprendono le ciclabili sul lungomare o tra gli stabilimenti.

Evito una portiera che si apre.

Un Cipollini mi sorpassa lanciato ad almeno 40 all’ora sulla ciclabile.

Sta facendo la cronometro del fritto misto.

Una coppia di anziani si scansa per farmi passare.

Tony Hawk che fa i numeri con lo skate no.

Non ci sente.

Provo col campanello.

Nulla.

Eppure, ieri coi cani aveva funzionato.

Al richiamo dei nonni finalmente si ferma e passo.

Il vento è sempre più forte.

Alla fine, sono quasi 100 i km controvento credo.

Dopo Martinsicuro il cartello dice Marche.

San Benedetto del Tronto e poi Grottamare.

Il B&B è a 2 km in salita dal mare.

Arrivo.

È una cantina in una casa dell’800 sulla strada che va in val Tesino.

La signora era già fuori in giardino e mi dà il benvenuto.

Mi consiglia dove poter mangiare.

Due alternative.

3 km verso la valle in salita, che poi al ritorno sarà discesa, su strada non illuminata.

Non si mangia pesce li.

2,5 km in discesa verso il mare, che poi al ritorno sarà salita al buio ma con qualche lampione.

Ovviamente a piedi non è il caso.

Le mie scarpe da sera sono delle infradito.

C’è gente che ha fatto lo Stelvio in graziella e infradito, quindi posso farcela.

Ho anche le luci per vedere ed essere visto.

Scelgo mare e pesce.

Prendo la bici senza borse.

Leggera come una piuma.

Trovo un posto con tanto di parcheggio bici.

Selezione del pescato del giorno e maccheroncini di Campofilone alla Marinara.

#BrecciaInItalia Giorno 12

Percorro la Statale alternando tratti su lungomare.

Ogni tratto di statale cerco di andare forte.

Non mi piacciono.

Sul lungomare gli stabilimenti aprono.

Si innaffiano piante e si puliscono le spiagge.

Arrivo a Porto San Giorgio.

Caffè.

Seguo la ciclabile fino a Civitanova Marche dove intravedo il Conero sullo sfondo.

Ancora statale.

La faccio a 30 all’ora.

Prendo l’uscita per entrare a Porto Recanati.

Vedo un cartello: Ciclovia del Conero.

Lo seguo.

Il Conero si avvicina.

Inizia la salita.

Supero una coppia di arzilli vecchietti in bici.

Mitici.

Arrivo a un belvedere.

Da un lato il mare.

Dall’altro le colline marchigiane.

Suona il telefono.

È la signora del B&B di Grottammare.

Ho lasciato lì la carta di identità.

Sono passati più di 70 km.

Ne mancano più di 70.

Mi dice che me la spedirà a casa a sue spese.

Discesa dal Conero verso Ancona.

Entro in città con una discesa su strada a fondo indegno da quanto è rovinato.

Salgo alla cattedrale con un paio di tornanti ripidi.

Mi perdo per uscire dalla città.

Questo comporta rampe di pendenze improponibili.

Un incubo.

Seguo i cartelli per la maledetta statale Adriatica.

Prima odiata, ora ancora di salvezza.

Finalmente sono fuori città.

Questo imprevisto mina il programma di arrivare al B&B entro le 16.30.

Dopo la signora ha un impegno fino alle 19.

Non mi va di aspettare così tardi.

Accelero.

Finisco in una spiaggia non spiaggia di sassi e tronchi.

In bici è impossibile continuare.

Passo a piedi spingendo almeno 1 o 2 km.

Ritorno su lungomare.

C’è poca gente.

Devo recuperare tempo. Vado ancora a 30 all’ora.

Forse di più.

Un record.

Imbocco la bicipolitana che passa letteralmente in spiaggia fino a Pesaro che mi porta in centro.

Arrivo alle 16.35.

Preciso.

Pesaro bella città.

Tanta gente in bici di qualunque età a qualsiasi ora.

Il centro è area pedonale.

Vado al mare per cena.

Dopo 160 km, salito e disceso il Conero.

Prendo un fish and chips di branzino,

1 panino hamburger di pesce,

relativi contorni di patate fritte e al forno,

due birre Blanche di un birrificio di Riccione.

La cameriera mi chiede “ma non è un po’ troppo?”

“Se vuoi poi quello che lasci lo puoi portare via”

Mangio anche un pezzo di carta forno con cui era avvolto il panino.

Aggiungo un sorbetto al caffè.

E un caffè.

#BrecciaInItalia Giorno 13

La signora del B&B mi lascia un buono per la colazione da spendere in un bar convenzionato.

Apre alle 7.00.

Sono le 7.20 ma nulla.

Ancora chiuso.

Vado al bar di fronte.

Mi portano caffè e brioches ed il bar precedente apre.

Doppia colazione per far fruttare il buono.

Esco da Pesaro lungo le linee 1, 3 ,11 della bicipolitana.

Anziché puntare verso la costa devio leggermente in entroterra lungo una bella strada che sale tra le colline.

Voglio raggiungere Gradara.

Eccola lì che spunta arroccata in cima alla collina.

Qualche saliscendi, una ripida salita e sono nel borgo antico.

Qui tutto sembra fermo a mille anni fa.

I negozi stanno appena aprendo ed in giro c’è pochissima gente.

L’ultima volta che c’ero stato ovviamente era piena di turisti.

Ora punto verso la riviera romagnola.

A Gabicce Mare seguo le ciclabili che mi portano sul lungomare.

Pedalo tranquillo, quasi rilassato.

Non c’è tanto movimento.

La gente inizia ad andare in spiaggia.

Mi fermo un attimo a Rimini.

Un’ora dopo sono a Cesenatico.

Dalla zia che vive lì e non vedi da un po’.

Non rinuncio all’offerta di una doccia e un pranzo.

Riparto rifocillato e poco dopo Cervia entro in un bel bosco e seguo le indicazioni per Ravenna.

Uscito dal bosco il paesaggio muta con una bella strada bianca in mezzo ai campi.

Molto simile alle strade di campagna vicino casa.

Tra tratti bianchi, sentieri e ancora boschi sbuco a Ravenna.

Sono tutto impolverato. Ma che divertimento.

Un breve giro in centro per vedere una ex capitale d’Italia.

Perdo oltre un’ora per uscire causa cantieri stradali e strade chiuse che mi obbligano a fare il giro dell’oca.

Da Ravenna entro nelle valli di Comacchio.

Nel parco del Delta del Po.

Anche qui tratti nel bosco misto a strade bianche.

Ma anche tratti di sentieri pieni di rami spezzati, foglie e spine per terra.

Sbuco sulla statale Romea.

Un nome altisonante per una statale.

Mi fermo.

Mancano 35 km alternando tratti verso i lidi per evitare la statale il più possibile.

È tardi rispetto a quanto programmato.

Guardo la gomma anteriore.

È successo.

Buca.

Sono nei pressi di una piccola casa e appoggio la bici al cancello per cambiare la camera d’aria.

Esce in macchina il proprietario e mi fa:

“Scusa devo chiudere il cancello, sto uscendo”

“Sposto subito la bici, buona giornata”

Riparto e seguo la statale risparmiando una decina di Km.

Arrivo a Comacchio.

È quasi il tramonto

Un borgo delizioso con i suoi canali e suoi ponti.

Sembra una piccola Venezia.

Cena con un bel fritto misto alla Comacchese, che consiste in qualsiasi tipo di pesce esistente fritto.

Potrebbe bastare per tre persone.

O per una come me.

#BrecciaInItalia Giorno 14

Esco per andare a prendere la bici nel locale al chiuso in cui l’ho messa la sera prima.

Gomma posteriore completamente a terra.

Non ci credo.

Dopo più di 1000 km buco due volte e praticamente nello stesso giorno.

Maledetti sentieri.

Ho ancora una camera d’aria.

La cambio.

Non rinuncio alla colazione.

Altrimenti partirei col piede sbagliato due volte.

Comacchio, rispetto alla sera in cui c’erano in giro solo alcuni turisti, di giorno è viva con gli abitanti indaffarati con le loro attività.

Passo davanti un negozio di biciclette.

Compro una camera d’aria di scorta.

Non si sa mai.

Esco da Comacchio.

La prima parte di strada è fra campi di pomodoro, di girasole e di granoturco.

Inizia un drittone che dura ben 30 km.

Per terra alcuni pomodori schiacciati.

Arrivo a Portomaggiore, “Paese della salamina da sugo” il cartello dice.

A una svolta un altro cartello mi avvisa che un ponte è chiuso e la strada si interrompe dopo 1500 mt.

Torno indietro e seguo le indicazioni per Ferrara.

Passo una miriade di piccoli paesini in mezzo alla campagna.

Le coltivazioni di mele e pere si susseguono e tramite queste bellissime strade entro in Ferrara.

Giorno di mercato.

Centro invasato.

Ne approfitto per una torta di mele.

Nubi minacciose sopra il cielo.

Si alza anche il vento.

Meglio ripartire.

Da Ferrara parte una ciclabile che arriva a Mantova.

Passando per Bondeno tra gli alberi prima e poi via l’argine del fiume Po’.

Sulla mia destra il fiume.

Sulla sinistra campi coltivati e cascine.

Inizia a fare caldo e mi fermo a Sermide per una pausa.

Ancora argine fino a che diventa una vera e propria ciclabile che entra in Mantova.

Una bellissima città.

Piazza Sordello, il Castello di San Giorgio e Palazzo Te meritano una visita.

L’aria è fresca.

Domani sono previsti temporali.

Una menzione sulla cena per il Grana 18 mesi con mostarda, i tortelli di zucca e la zucca al forno.

Domani si torna a casa.

#BrecciaInItalia Giorno 15

Ancora non è l’alba ma già c’è un po’ di luce.

Lascio Mantova e seguo le indicazioni della ciclabile Mantova-Sabbioneta.

Si esce dalla città su stradine di campagna in mezzo ai campi.

Il cielo in lontananza è scuro.

Poco prima di Sabbioneta scende qualche goccia.

Poca cosa per ora.

A Sabbioneta faccio colazione.

Suona il telefono.

È il B&B di Mantova.

Ho lasciato lì la patente.

Ora sono proprio in giro senza documenti.

Me la tengono lì e passerò a prenderla al ritorno a casa oppure nei prossimi giorni.

Pochi Km, passo Casalmaggiore e si riprende l’argine del fiume Po.

È un susseguirsi di borghi agricoli.

Sono già in territorio cremonese.

Il cielo è sempre più scuro e la strada bagnata.

Qui è già piovuto prima che passassi io.

Per ora mi sta andando bene.

Poco prima di Cremona sbuca Luca, l’amico di sempre, in macchina.

Da qui mi farà da ammiraglia fino a casa.

Poco più di 60 Km.

Entrato in Cremona inizia a piovere.

A tratti anche a forte intensità.

Decido con l’ammiraglia di mangiare una pizza.

Ci presentano un conto da 2.700 euro!

Un errore di battitura.

Erano 27 e lo correggono.

Non volevo rinunciare a un rene proprio ora.

Piove per un’ora circa.

Riparto passando per il centro storico di Cremona, sempre molto suggestivo.

Specialmente con la pioggia.

Il percorso programmato prevedeva di risalire i navigli Civico e Pallavicino fino alla località Tombe Morte presso Genivolta.

Da qui lungo lo sterrato del canale Vacchelli sarei praticamente arrivato fino a casa.

Visto il tempo sarebbe un bagno di fango.

Ricordo un percorso fatto tempo fa per tornare da Cremona in bici attraverso Castelverde, Paderno Ponchielli e altri paesi della campagna cremonese, che mi porterebbe a Soresina.

Da lì sempre per strade basse conosciute, passando da Crema, il gioco è fatto.

Altri scrosci di pioggia.

In una situazione così ne approfitto per ripararmi e aspettare che diminuisca.

Riparto con pioggia debole, ma inizia ad alzarsi il vento.

Ovviamente contro.

Incrocio un anziano signore che pesca in riva a un fosso con la sua biciclettina in mezzo alla bufera.

Posso andare avanti.

2 km di diluvio controvento a velocità da salita e arrivo a Soresina.

Pausa birra con Luca in centro.

La pioggia non cessa.

Anzi aumenta.

Allora aspetto.

Non appena diminuisce riparto.

Mancano poco più di 30 km.

Raggiunta Salvirola, altro scroscio di forte intensità.

Mi riparo sotto una pensilina dell’autobus.

La pioggia sembra placarsi e raggiungo Crema finalmente.

Lungo una ciclabile la oltrepasso.

A Trescore Cremasco due alternative.

Provinciale, che è già pericolosa per larghezza e traffico col bel tempo, oppure un tratto di sterrato in mezzo alla campagna che conosco bene, che aggira la strada.

Ormai sono bagnato da buttare via.

Non rischio e vado per lo sterrato.

Pozzanghere larghe da una parte all’altra del tracciato.

Non mi importa.

Le attraverso a mille all’ora.

Pochi Km ancora su stradine di campagna ed ecco che spunta la torre del Castello di Pandino.

Lo raggiungo.

Ci entro.

Sono a Casa.

La tappa sulla carta più facile, l’ultima, si è rivelata una delle più toste proprio nel tratto finale.

Un grazie infinito per il supporto logistico e morale a Luca.

Quasi 2000 Km, sei regioni attraversate, toccando mari e valicando montagne, attraversando valli, pianure e città, scoprendo infiniti borghi.

Un gran bel giro in bici in sella alla mia amata Breccia.

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