Una settimana. Da tempo non potevo permettermi una settimana libera a giugno.
Dopo il mio “downshifting” lavorativo di quasi 4 anni fa, l’impegno per creare e sviluppare la nuova attività è stato intenso.
Oggi l’attività ha raggiunto un buon grado di maturità e posso permettermi di staccarmi per una settimana a giugno.
Ho la mia nuova bici: una favolosa “Breccia” con più di 3000 chilometri già fatti, ma per i miei standard è praticamente nuova.
Breccia è la mia nuova gravel artigianale, fatta e montata come volevo io. Tutto è su misura, destinato a soddisfare tutte le mie esigenze fisiche ed anche le turbe psichiche che ogni ciclista ha.
Ho montato la tripla. Si… la tripla! Ho anche un porta-luci in acciaio sul tubo di sterzo e vado senza fondello con pedali flat.
L’andare controcorrente soddisfacendo al meglio un bisogno e trovando la soluzione giusta per me, mi gratifica.
Voglio viaggiare nel mio paese. Il mio viaggio attraverserà mezza Italia. Andrò dalla Brianza a Roma in bicicletta in 6 giorni (più uno di treno per il rientro).
Voglio passare dai posti più belli della Toscana, dell’Umbria e del Lazio. Godere della terra che tanto m’infastidisce politicamente ed economicamente quanto invece la amo per tutto il resto.
Per il suo territorio, per la sua cultura e, perchè no, anche per la sua pizza. Voglio andarci in bicicletta.
L’ho sempre attraversata con altri mezzi ma non e’ la stessa cosa.
Voglio godere di ogni millimetro quadrato di terra.
Voglio andarci con la mia bici, leggera, comoda, veloce, indistruttibile, definitiva.
Voglio pedalare. Pedalare tanto. Tutto il giorno tutti i giorni.
Voglio guardarmi attorno. Niente testa bassa e pedalare. Fatica si, ma a testa alta, fino a guardare il sole caldo e accecante di giugno.
Parto organizzato. Niente tenda, materassi, fornelli ed ammenicoli vari. Queste cose sono per i cicloviaggiatori veri o per chi si ritiene tale. Io invece voglio viaggiare leggero, il più leggero possibile. Non riuscirei a godere della mia bici e del pedalare tanti chilometri e tanta salita con un carico eccessivo.
Voglio fare le strade bianche di Siena, voglio pedalare in salita e in strade secondarie e sterrate. Voglio guidare la mia bici.
Voglio che sia maneggevole e leggera. Un elefante di 30kg sarebbe solo d’impiccio, inguidabile, …praticamente un baule a pedali.
Voglio prenotare le camere dove dormire in anticipo. Quando pedalo voglio degli obiettivi, una meta e non voglio pensare a nulla se non a godermi il viaggio fino a tale meta anche se è solo una tappa intermedia.
Voglio prepararmi tutte le tracce da seguire in anticipo per avere un percorso sicuramente bello da seguire e da poter anche cambiare durante il viaggio se trovo qualcosa di più bello.
L'”anticristo” per il vero cicloviaggiatore che viaggia carico, in autosufficienza e senza meta.
Bene, …io sono diverso. Viaggio con i pedali flat, la tripla, senza fondello e il telefono al posto del garmin. Viaggio senza antipioggia, troppo ingombrante. Se piove mi bagno e vado piu’ forte per scaldarmi. Se piove troppo mi fermo a bere una birra e chissenefrega.
Tutto fa parte del mio gioco, “Hai voluto la bicicletta, ora pedala”. Ho preso pioggia e anche una tromba d’aria e sono ancora vivo anche se non avevo l’abbigliamento anti-tromba.
Non posso definirmi un cicloviaggiatore, non so bene nemmeno io cosa sia, ma mi piaccio cosi’.
Il giorno della partenza è già tutto organizzato. Ho anche già con me i biglietti del treno per il ritorno da Roma.
Trovandomi a Roma, la città più bella del mondo, il tempo per fare i biglietti del treno, magari sorbendomi qualche coda, sarebbe solo tempo sprecato.
Non devo pensare a nulla se non a pedalare, a godere dei luoghi, del viaggio, del clima, del sole, delle nuvole, del vento, della pioggia e della mia bici.
Quindi Parto.
La prima tappa è la piu’ lunga. Inizia alle 6 del mattino.
Duecentoventi (220) chilometri per arrivare subito il più lontano possibile da casa e dai posti conosciuti. La meta è Pontremoli in Toscana.
Il viaggio è piuttosto noioso nella prima parte intrisa di pianura infinita e del nulla intorno a me. Paesaggio tipico della pianura padana. Caldo, afa, zanzare, vento, nulla del nulla se non campi di grano immensi di cui non si percepisce ne l’inizio ne la fine.
La noia caratterizza la prima parte di viaggio fino a Fornovo. Da Fornovo iniziano le colline e il passo della Cisa.
Il paesaggio e il clima cambiano radicalmente, di colpo. Dal noioso allo splendido semplicemente attraversando il ponte sul Taro.
Il mio viaggio inizia qui. Da qui finisce la noia. A Fornovo bevo la prima birra del viaggio. Non mangio quasi nulla. Le zanzare e insetti vari mangiati in 180 chilometri di pianura padana mi garantiscono proteine sufficienti.
Riposo un pò dopo la fatica della pianura, più psicologica che fisica.
La noia mi stanca più della salita. Quando riparto, attacco subito il passo. Il paesaggio e’ gradevole. Il fiume Taro fa da segnavia. La salita non e’ proprio facile anche perchè ho già 180 chilometri nelle gambe ma non faccio troppa fatica. Salgo del mio passo e mi guardo intorno.
Più salgo, più il paesaggio è splendido. Si vedono le colline, le montagne e i paesi in basso.
Arrivo al Passo alle 6 di sera dopo 12 ore di viaggio. Fino a Pontremoli è tutta discesa e quindi me la prendo con comodo davanti a una birra, il mio premio per essere arrivato fino li.
In discesa buco.
Cambio la camera in 5 minuti e arrivo a Pontremoli dove passo la serata e la notte. Pontremoli e’ una cittadina incantevole della Lunigiana immersa nel verde dei monti circostanti.
Sebbene sia martedì sera, il centro è frequentato da tanta gente.
La signora gentilissima che mi ha dato ospitalità in una camera della sua bella casa in centro, ha un terrazzo bellissimo con vista sul paese. Mi fa trovare sul terrazzo 2 birre e un pò di dolci fatti in casa e lì passo parte della nottata.
Non ho sonno, ho il fuoco dentro. Ho appena assaggiato quello che sarà il mio viaggio e continuo a pensarci ed a pensare a cosa farò domani e poi dopodomani, seduto su una poltrona di un terrazzo magnifico.
Questi comportamenti gentili delle persone che mi hanno ospitato, saranno una costante del mio viaggio.
Bastava raccontare cosa stessi facendo per ottenere gentilezza, disponibilità e simpatia. Il viaggio in bici incute curiosità, tanti apprezzamenti e rispetto da parte degli altri. Diventi subito un ospite gradito, che non disturba.
L’ospitalità è un grande pregio del nostro paese fatto di tante persone oneste che si fanno in quattro per mettere a proprio agio un viaggiatore strano che arriva stanco morto, che sembra uno zombie e racconta di ciò che ha visto e di ciò che farà in seguito. Che arriva affamato di cibo e di voglia di vedere cosa gli sta intorno. Che prende la camera ed esce subito, ancora in bici, per andare a mangiare e vedere il luogo in cui si trova.
Questa è stata una parte del mio viaggio che non dimenticherò.
Da Pontremoli a Pisa
La seconda tappa prevede che io arrivi a Pisa da Pontremoli attraversando la Lunigiana e la Garfagnana.
Dopo la solita abbondante colazione, parto di buona mattina. Raggiungo Aulla sulla statale della Cisa e da qui devio in direzione montagne invece che proseguire verso il mare e La Spezia.
Fra innumerevoli salite e discese raggiungo il fiume Serchio ed entro in Garfagnana. Seguirò il corso del Serchio fino a Pisa.
La Garfagnana è un posto straordinario cosparso di verdi colline e di laghi creati dal fiume, il lago di Gramolazzo e quello di Pontecosi. Luoghi da fiaba dove le verdi colline si specchiano nell’acqua.
Ciclisticamente parlando, la Garfagnana è tosta. Non c’e’ un attimo di respiro.
Le discese finiscono subito e le salite durano tanto. Classico territorio collinare dove si sale per 3 o 4 chilometri e poi si scende per poi cominciare subito a salire di nuovo.
Un poco stanco ma gratificato dagli splendidi panorami e paesaggi, raggiungo Castelnuovo di Garfagnana dove mi concedo un panino e una birra. Passato Castelnuovo, dopo il valico di un piccolo passo, il territorio diviene più pianeggiante.
Riprendo il corso del fiume Serchio e le sue splendide ciclovie fino a raggiungere Lucca e poi Pisa dove trascorro la serata e poi la notte.
A Lucca e Pisa ci siamo già stati tutti, ma arrivarci in bicicletta è diverso. A Pisa non si deve parcheggiare, ci si entra e basta, fino ad arrivare sotto la torre pendente senza sosta.
Lucca è stupenda, come la ricordavo. Pisa mi ha sorpreso. Non è solo Piazza dei Miracoli, ma è molto di più. È un centro affollato di gente giovane, studenti universitari. Pisa è un centro senza auto, e con l’Arno che è proprio bello.
La terza tappa prevede di arrivare a Siena da Pisa attraverso Castelfiorentino, Gambassi Terme (dove incontrerò Eugenio Simoncini, mastro artigiano del telaio della Breccia), San Gimignano e Colle Val d’Elsa.
Fisicamente inizio ad accusare i tanti chilometri e la tanta salita delle prime 2 tappe. Parto piano seguendo il corso dell’Arno da Pisa e tutte le sue ciclovie. Tutte sterrate già da appena fuori Pisa, alcune anche poco pedalabili a causa della vegetazione.
Lasciato l’Arno imbocco una serie di stradine secondarie, alcune sterrate, che conducono a San Miniato.
Le stradine si trasformano ben presto in rampe in salita. La fatica del giorno stesso e dei giorni precedenti non mi aiutano ma i rapporti corti della mia bici, pensati proprio per queste cose, mi consentono di fare qualsiasi cosa senza fatiche disumane.
Arrivo in cima senza mai mettere piede a terra, concedendomi anche l’ultima rampa per arrivare alla chiesa invece di seguire la strada più in basso.
Ho pensato alla Breccia come alla bici totale, per fare ogni cosa.
In questi frangenti mi accorgo che il progetto è decisamente riuscito.
Con la Breccia ci faccio proprio tutto.
Da San Miniato a Castelfiorentino sono 20 chilometri. La traccia prevede che questi vengano fatti tra sterrati e boschi in collina.
Seguo la traccia e ben presto mi trovo in un sentiero che finisce nel nulla. Porto in spalla la bici tra i rovi per qualche centinaia di metri e poi inizio salite impedalabili fra sassi e rocce e discese che avrebbero fatto impallidire un endurista.
Le discese provo a farle in bici. Mi diverto, faccio scalini e tratti tecnici che nemmeno con la bi-ammortizzata ho mai fatto, …ma finisce che mi cappotto.
Cado in avanti e la bici, carica di tutti i bagagli, mi cade addosso dall’alto.
Qualche botta, un po’ di sangue qua e la. Risalgo in sella e decido che questa non è la cosa giusta da fare durante un viaggio di una settimana.
Allargo la mappa del GPS e scelgo una strada, all’apparenza, più ciclabile. Inizio una discesa pazzesca. Tra ulivi e cipressi, in mezzo alle colline toscane. Veloce, pendente, panoramica e pericolosa.
Assorto nell’ammirare il panorama, freno troppo tardi ad una curva e cado un’altra volta tra le sterpaglie e le spine. Altre botte e altro sangue.
Decido definitivamente che, questa, proprio non è la cosa giusta. La statale è vicina, scendo fino a raggiungerla e proseguo fino a Castelfiorentino via statale per gli ultimi 10 chilometri.
Arrivato a Castelfiorentino salgo immediatamente in cima al paese percorrendo un tratto pedonale molto lungo in salita. A metà salita, entro in un bar, ordino una birra e vado in bagno a cercare di ripulirmi della terra e del sangue che ho ovunque.
Esco pulito e profumato come se fossi partito 10 minuti prima e non fossi mai caduto. In tre sorsi finisco la birra e raggiungo la vetta di Castelfiorentino.
In vetta chiamo Eugenio e ci diamo appuntamento sulla strada per Gambassi Terme. Ci incontriamo e proseguiamo in bici assieme fino alla sua fabbrica di telai.
La visita è un’esperienza molto bella.
Vedere come nascono, come si costruiscono i telai in acciaio e dove nasce la Breccia, con tecniche tramandate da generazioni e con macchinari e dime che non avevo mai visto prima è proprio bello.
Dopo la visita, proseguo con Eugenio il mio tragitto. Passiamo il centro di Gambassi Terme, adorabile. Il bello di questi luoghi e’ proprio questo. Qui tutto è bello. Passi per un paesino di cui conosci l’esistenza solo perchè è segnato sulla mappa e si trova sulla tua rotta e lo trovi splendido, come tutto ciò che gli sta attorno.
L’Italia e’ veramente un paese dalla bellezza ineguagliabile.
Eugenio mi accompagna, ad andatura viaggio, fino sotto San Gimignano e lì ci salutiamo. Lui torna al lavoro e io salgo a San Gimignano: una citta’ pazzesca!
Giro in bici tutta la città, in salita e in discesa. Anche questa sarà una costante del mio viaggio. Tutte le città fortificate medievali del centro Italia sono arroccate sopra le colline. Si entra dopo aver già scalato delle belle rampe e poi sembra di essere al giro del demonio.
Ci sono scale e rampe ovunque. La mia maledetta voglia di arrivare sempre più in alto possibile mi ha fatto scalare in bici tutte le città del centro Italia con fatiche, talvolta, degne di nota.
Bevo una birra fra le mura di San Gimignano e riparto in direzione Siena. Iniziano le strade bianche. Quelle di color bianco candido, ben tenute, scorrevoli, quelle dove se ti sorpassa un’auto non vedi nulla per i successivi 5 minuti a causa della polvere che si alza.
Raggiungo Colle di Val d’Elsa, borgo adorabile e poi Siena non prima di aver mangiato un panino mostruoso per dimensioni a Monteriggioni prima dell’ultima scalata verso Siena.
Ho la camera prenotata appena fuori dalle mura.
Faccio check-in e sono già dentro le mura. Mangio un piatto di carbonara per due persone. Il menu diceva min. 2 persone e poi ho capito perchè.
Non lascio nel piatto nemmeno uno spaghetto e inizio a pedalare in Siena. Viottolo dopo viottolo all’imbrunire.
Dopo un’ora abbondante di pedalata con varie soste in città mi fermo per una weissbier in Piazza del Campo.
Location fantastica. Una delle weiss più buone mai bevute.
Da Siena a Gubbio
La quarta tappa prevede la partenza da Siena e l’arrivo a Gubbio in Umbria.
Questa sarà la tappa più tormentata del viaggio.
Parto la mattina molto presto e imbocco subito il circuito permanente dell’Eroica. Il percorso è tanto bello quanto faticoso.
Io non sono brillantissimo.
Le fatiche e la tanta salita dei giorni precedenti si fanno sentire. Il territorio e i luoghi sono talmente belli che non bado al mio stato di forma scarso.
Pedalo senza pensare, sulle strade bianche in salita e poi giù a cannone in discesa guidando la mia bici che meglio non si può.
Devio dalla traccia originale per seguire ancora il percorso dell’Eroica accumulando ulteriori chilometri e dislivello. Non m’importa, mi diverto troppo. Questo modo di andare in bici mi piace da matti e mi soddisfa.
Il gravel vero è quanto di più bello possa fare con la mia bicicletta.
Non penso che devo arrivare a Gubbio, ancora lontanissima da dove sono e con tutto l’Appennino da scavalcare. Oramai sono completamente fuori traccia.
È tardi, devo puntare verso Arezzo.
Seguo i cartelli stradali che mi portano su una bruttissima e trafficata statale. Si alza un forte vento contrario, già presente fin dal mattino ma non così forte.
Arrivo ad Arezzo stanco morto ed annoiato per gli ultimi 40 chilometri di statale quasi impedalabile a causa del vento.
Giro il centro di Arezzo e non trovo nulla di entusiasmante. Decido che per oggi può finire qui, mi sono gia’ divertito abbastanza sul percorso dell’Eroica.
Vado in stazione e prendo il primo treno che mi porta a 30 chilometri da Gubbio. Scendo dal treno e fatico a pedalare.
Sulla strada vedo un bellissimo locale, tipico, rustico. Mi siedo ai tavolini fuori e mangio l’impossibile con un paio di birre a innaffiare il tutto.
Me la godo proprio. Riposo per bene mentre la mente torna alle strade bianche di Siena affrontate al mattino, a San Gimignano, a tutto quanto fatto e che devo ancora fare.
Sono in Umbria. Uno degli obiettivi primari del mio viaggio. Il riposo mi fa bene.
Domani attraverserò tutta l’Umbria e sarà una tappa difficile e importante. Devo riconquistare tutte le mie forze. Domani dovrò godermela per bene senza la troppa fatica che annebbia la vista e incattivisce l’umore.
Lentamente, senza sforzo, arrivo a Gubbio. Come al solito faccio il check-in e riprendo la bici per girare la città.
Gubbio è inerpicata su una collina. Dalle mura al punto più alto c’è un dislivello importante. Sento le mie gambe che tornano a girare bene. Spingo in salita in piedi sui pedali e questo mi fa ben sperare per la tappa di domani.
Gubbio è favolosa. Anche qui giro per tutti i viottoli e arrivo fino in cima da cui si gode di un panorama fantastico sulle colline circostanti.
Ci arrivo al tramonto e questo rende tutto ancora più suggestivo. Sono in estasi, disarmato dalla bellezza di questo posto in questo momento della giornata.
Questo è un ricordo ancora vivo nella mia mente e nella mia memoria.
In un viaggio come questo ci sono situazioni, momenti, immagini che si stampano nella mente e non ne usciranno più. Questi saranno i miei ricordi di viaggio che porterò dentro di me. Le foto non servono a nulla, non le riguardo mai. Mi fermo a pensare ed a estrarre dalla mia mente le immagini memorizzate.
Questo mi piace molto di più.
Nella mia vita ho fatto tante cose belle e ho tante immagini stampate in mente. Quelle di questo viaggio si aggiungono alle altre e ne rappresentano una parte importante.
In Umbria da Gubbio a Todi
La quinta tappa prevede l’attraversamento dell’Umbria, da Gubbio a Todi.
Assieme a quella di Siena, questa è la tappa più attesa per i luoghi che attraverserò. La tappa mi spaventa anche per il dislivello che dovrò affrontare. Come al solito, parto presto.
Non prima di un’abbondante colazione addolcita da una serie di crostate preparatemi dalla ragazza del B&B dove ho dormito e che mi ha anche preparato la colazione prima dell’orario previsto per consentirmi di partire presto.
Alcune fette di crostata le avvolgo in un tovagliolo, le metto nella saddlebag della bici, saluto e parto.
Prendo direzione Assisi ed e’ subito salita. Due passi da scalare nei primi 40 chilometri poi discesa fino a Bastia Umbra e un po’ di su e giù, fino a che imbocco alcune stradine interne che mi portano sotto la città di Assisi.
Io in basso e la città fortificata, imponente, lassù in alto.
Le stradine proseguono per tutta la lunghezza della città. Pedalare qui è un sogno. Mi fermo ogni 5 minuti ad ammirare Assisi dal basso.
Sono proprio sotto, vedo tutto. Assisi è arroccata sopra una collina, vedo le mura e tutto ciò che sta dentro. Splendido!
Imbocco la ciclo-pedonale che sale in città in salita tutta diritta ed entro fra le mura. Ad Assisi ci ero già stato ma arrivarci in bici dopo averla ammirata da sotto è decisamente più bello: ha il sapore della conquista.
È come scardinare la fortificazione e prendere possesso della città.
Assisi è magnifica. Come al solito inizio a girare fra i viottoli non facendomi mancare la vetta, il punto più alto.
Mi fermo poco perchè devo riprendere il mio viaggio. Giusto il tempo per un mega-gelato che soddisfa il palato e regala energia per il prosieguo del viaggio.
La tappa di oggi è tanto bella quanto lunga e faticosa. Esco da Assisi in alto e, contrariamente a quanto pensassi, non faccio discesa, continuo a rimanere in alto.
Imbocco una stradina di collina (che poi diventa sterrata) che effettua un lungo traverso sulle colline regalandomi delle viste bellissime sulla valle sottostante.
Pedalare qui è bellissimo. Raggiungo Spello dall’alto. Per la prima volta non devo scalare la città sulla collina, entro in città già dal punto più alto.
Spello per me è stata una lunga discesa. Paese incantevole come tutto in Umbria e tutta l’Umbria. Uscito da Spello imbocco subito la ciclovia per Spoleto.
Passo per il centro di Foligno, che non mi ha particolarmente entusiasmato, e non mi faccio mancare una breve visita a Trevi che, come tutte le città medievali, è arroccata su una collina e per raggiungerla e attraversarla mi devo sciroppare le solite rampe in salita.
Ne è valsa la pena. Trevi è meravigliosa e dall’alto si gode di una vista splendida su tutta la valle.
Riprendo la ciclovia e dopo poco arrivo a Spoleto. Terminata la ciclovia, mi perdo un paio di volte. La traccia non era proprio precisa così decido di seguire le indicazioni stradali che, in poco tempo, mi portano alle mura.
Qui consumo subito un abbondante pranzo e parto subito per la visita della città cercando immediatamente il punto più alto che, come al solito, mi ha costretto a rampe disumane.
Non ero mai stato a Spoleto. L’ho trovata bellissima.
A Spoleto mi concedo una pausa prolungata.
Fino a qui è stata un’unica tirata e mi aspettano ancora 50 chilometri di cui 15 in salita per raggiungere Todi.
Sono abbastanza stanco.
Guardo il GPS e mi procuro un’alternativa alla traccia in mio possesso. La statale che mi sembra meno impegnativa del percorso programmato.
Chiedo informazioni ai “locals” circa questa possibilità e mi garantiscono che la strada è molto bella e poco trafficata. Scelgo quindi di percorrere questa via piuttosto che quella programmata con molti tratti di sterrato in montagna.
Riparto un po’ più riposato ma la salita inizia subito e non mi lascia tregua. Sono 15 chilometri. Gia’ a Spoleto intuivo che questo tratto l’avrei sofferto, anche da qui la decisione di prendere una via più facile.
A metà salita mi fermo. Sono un po’ in crisi.
Estraggo dalla borsa le fette di crostata prese dalla colazione di Gubbio e le fagocito in due minuti netti. Riparto e mi sembra di essere un altro.
Spingo bene sui pedali e vado a velocità doppia rispetto a prima.
Termino la salita in scioltezza e inizio la discesa verso Acquasparta che si trova a 20 chilometri da Todi.
Arrivo ad Acquasparta contento, ho capito che anche questa volta ce l’ho fatta. Mi siedo ai tavolini del bar in piazza e bevo la mia meritata birra.
A Todi arrivo presto, sono solo le 19.
Non prendo la direzione per il luogo dove ho la camera prenotata ma entro subito in città raggiungendo il punto più alto.
Todi è pazzesca. Salite del genere non le ho mai viste in vita mia.
Arrivo alla chiesa in alto sudato e ansimante. Ma la vista da qui è splendida e la città pure e quindi, come al solito, non bado alla fatica fatta e mi godo il luogo dove sono.
Prendo il GPS e cerco di capire dove si trovi la mia camera. Mi accorgo che si trova 400 metri più in basso.
Quattrocento metri non di distanza (quella è di due chilometri), ma di dislivello.
Inizio la discesa in città e poi fuori dalle mura in una stradina stretta prima asfaltata e poi sterrata. Arrivo con i freni fumanti. Faccio check-in.
Il problema ora è che devo ancora cenare e voglio tornare a Todi. Mi armo di pazienza, tiro 2 lunghi respiri e rifaccio in salita tutta la strada appena fatta in discesa.
Mezz’ora in piedi sui pedali col 30/36 inserito e il cuore che quasi mi spacca le costole. Mentre risalgo penso che domani dovrò fare la medesima cosa a freddo subito dopo la colazione e prima di una tappa di 160 chilometri e 2500 metri di dislivello.
Adoro viaggiare in bici ma, talvolta, mi chiedo perchè non possa andare anche io a fare le vacanze alle Maldive o in crociera.
Arrivato a Todi e iniziato a girare i viottoli fino in cima trovo subito la risposta alla mia domanda.
Todi è una città pazzesca. La più arroccata di tutte, fatta di vie strettissime dove faccio fatica a far passare il manubrio della bici.
Ceno sulla via principale e più larga della città e rifaccio tutta la discesa per arrivare alla camera. In camera ho dovuto regolare i freni della bici perchè le leve avevano allungato la loro corsa fino a toccare il manubrio.
Da Todi ad Anguillara Sabazia
La sesta tappa è l’ultima prima di arrivare a Roma il giorno successivo.
La traccia prevede la partenza da Todi e l’arrivo ad Anguillara Sabazia sul lago di Bracciano.
Il viaggio inizia subito con la salita verso Todi iniziata a freddo. A metà mi devo già fermare: non vado più avanti dopo solo pochi metri fatti.
Spingo la bici per qualche metro ma mi accorgo subito che faccio più fatica a spingere che a pedalare. Risalgo in sella, me ne faccio una ragione e proseguo a spingere in piedi sui pedali col rapporto più agile.
In cima sono già stanco e sudato. Mi fermo, bevo e riparto. La direzione è Orvieto.
Devo subito scalare un passo non prima di aver preso il corso del Tevere e aver attraversato la sponda del lago di Corbara. Il tempo e’ bello, il sole splende ma, in lontananza, vedo nuvoloni abbastanza scuri che, un po’, mi fanno preoccupare.
Scalo il mio passo velocemente in agilità ed arrivo a Orvieto. Anche qui la città inizio a vederla arroccata sulla collina dal basso. È splendida ed imponente.
La salita fino ai piedi delle mura è pazzesca. La più difficile fatta fino ad ora. Si tratta di una via pedonale. Le pendenze sono quasi impossibili da fare in bici. Mi devo fermare a prendere fiato almeno 3 volte.
Una volta dentro le mura invece le pendenze sono più abbordabili. Subito all’ingresso della città c’è il belvedere da cui si scorge la città bassa e tutta la valle. Luogo incantevole.
Orvieto è bellissima. Anche qui ci sono viottoli in salita ovunque e un lungo corso che porta in cima alla città.
Non c’è la ressa che ho trovato a Gubbio, Assisi e Spoleto. Forse Orvieto è meno famosa e turistica ma ugualmente bella. Un po’ come Todi, Spello e Trevi. Meno gente, luoghi più vivibili ma belli quanto quelli più famosi e affollati.
Le logiche del turismo di massa ho sempre fatto fatica a comprenderle. Come chi va alle Maldive senza prima aver visto Orvieto.
Uscito dalla città prendo la direzione per il lago di Bolsena su strade secondarie e ho il solito passo da scalare.
Le nuvole che vedevo la mattina, in cima al passo sono ora tutte sopra di me. Nere, brutte. I tuoni forti e prorompenti rimbombano nel cielo.
Inizio la lunga discesa verso Bolsena iniziando a sentire le prime gocce d’acqua.
A metà discesa la pioggia è forte. Mi fermo sotto un albero a indossare la mantellina, l’unica cosa che mi sono portato contro la pioggia.
La pioggia ora è veramente forte. Riparto e subito iniziano le viste dall’alto sul lago di Bolsena. Non m’interessa la pioggia battente, rallento e mi fermo ad ammirare il panorama, che con la pioggia mi sembra ancora più bello.
La pioggia aumenta e inizia anche la grandine.
La sento rimbalzare sul mio casco. Sono a Bolsena. Scorgo un locale sulla destra con i tavoli sotto una tettoia. Mi infilo subito con tutta la bici.
Sono bagnato come un pulcino. Ordino subito panino e birra.
Tolgo l’antipioggia e anche scarpe e pantaloni. Resto seduto in boxer, tanto non c’è nessuno e i miei boxer a quadrettoni sono bellissimi, anche più dei pantaloni.
Stendo tutto davanti al motore dell’aria condizionata interna al bar. Nel giro di mezz’ora è tutto asciutto. Gli stratagemmi e l’inventiva quando sei in viaggio da solo e, in qualche modo, te la devi cavare sono sempre degni di nota. Tanto da compiacermi con me stesso.
La pioggia continua a cadere senza soluzione di continuità. Con intensità inferiore rispetto a prima, ma piove. I miei indumenti sono asciutti e anche caldi grazie al motore del condizionatore. Mi rivesto e riparto.
Faccio tutta la sponda del lago di Bolsena sotto la pioggia battente e inizio la salita verso Montefiascone. Smette di piovere. La salita è dura.
Con indosso l’antipioggia sudo e creo calore che asciuga subito gli indumenti bagnati.
Arrivo a Montefiascone con un vento fortissimo. Salgo al Belvedere.
Il panorama è splendido. Si vede il lago sotto e le zone di pioggia sono percettibili. Il lago dall’alto e il cielo nero che butta forte pioggia su quasi tutto il lago, ad esclusione di dove sono io, è una vista pazzesca!
Il vento aumenta sempre più.
Mi devo attaccare alla balaustra e tenere la bici con l’altra mano. Dall’alto del belvedere percepisco chiaramente l’approssimarsi di una tromba d’aria.
Scappo non senza difficoltà dovute al forte vento. A fatica, con bici a spinta, attraverso la strada e m’infilo in una piccola e stretta via fra le case.
Con una mano mi attacco alla maniglia di una porta e con l’altra tengo saldamente la bici attaccata al mio corpo…
La tromba d’aria passa in fretta, 5 minuti non di più.
Apparentemente non lascia danni ma io, comunque, mi sono cagato sotto.
Cessato il vento forte, salgo in sella e scappo via in discesa verso Viterbo per la via Francigena. La via, in discesa, è ancora lastricata di sassi dell’epoca dei romani levigati dal tempo e bagnati dalla pioggia.
È una discesa molto complicata dove rischio di cadere più di una volta. Sulla strada per Viterbo, torna a piovere. Oramai rassegnato, proseguo lentamente.
Arrivo a Viterbo e poi al lago di Vico tutto sotto la pioggia. Non entro in Sutri tanto diluvia e proseguo dritto.
Piove fino all’ingresso del parco regionale del lago di Bracciano. Smette ed esce un pallido sole. Ne approfitto per fermarmi su una panchina nel parco e stendermi al sole per cercare di asciugarmi.
Il sole, da pallido, diventa splendente e io proseguo la mia sosta godendone ampiamente. Prendo la bici, metto un po’ di olio dove serve sul cambio e sulla trasmissione e riparto.
Ce l’ho quasi fatta, mancano solo 20 chilometri e ora c’è il sole e fa anche caldo. Pedalando si asciuga tutto e arrivo ad Anguillara Sabazia asciutto, pulito e profumato.
Oggi è stata dura ma anche questa volta ce l’ho fatta: non dimenticherò facilmente questa giornata.
Arrivo a Roma
L’ultima tappa prevede l’arrivo a Roma in soli 40 chilometri da Anguillara Sabazia.
L’ingresso a Roma è molto problematico. Il traffico e il caos generale mi creano numerosi problemi.
Percorro la Cassia e poi la via Trionfale. Tutto bloccato. Non si passa nemmeno in bici.
Arrivato a Roma, la trovo invasa dai turisti. In bici è impossibile muoversi. Anche se prendo strade alternative, le trovo invase dalle auto buttate ovunque.
Faccio un breve giro al Colosseo, in Piazza di Spagna e alla Fontana di Trevi e decido di allontanarmi dalla confusione.
L’obiettivo del mio viaggio non è Roma, quello è già stato ampiamente raggiunto. Roma è solo la meta finale.
Sono già stato a Roma tante volte e, in bici, con quella confusione, non riesco a godermela. Mi concedo un abbondante pranzo e alle 14 prendo il treno che, dopo un cambio a Pisa, in 10 ore mi conduce a Milano da dove risalgo in sella per gli ultimi 40 chilometri per raggiungere casa mia nella notte.
Da tempo sognavo un viaggio di questo tipo.
I tempi e le situazioni non sono mai state favorevoli fino ad ora.
Una cosa che mi ha sempre frenato è stata l’impossibilità di fare tante ore in bici in giorni contigui.
Ho sempre avuto problemi al soprasella. Dopo una giornata di 12 ore o più in sella, il giorno successivo mi era quasi impossibile risalire in bici.
Quest’anno ho risolto il problema iniziando a viaggiare senza fondello nei pantaloni.
Ora non ho più limiti. Ho viaggiato, in media, 12 ore al giorno per 6 giorni consecutivi senza problemi. A volte la soluzione di un problema banale apre le porte a cose ritenute impossibili.
A volte, la soluzione del problema non è da ricercare fra le teorie e i consigli degli esperti e degli studiosi ma solo sperimentando su se stessi.
Questo viaggio mi è piaciuto tanto, ma proprio tanto.
Ora le condizioni sono favorevoli e tutto è pronto.
Non sarà l’ultimo.